Fr. Raniero da Sansepolcro


Venerabile


Α: 1511

Ω: 25 agosto 1589

Cenni biografici

Santo Sfaldelli nasce a Sansepolcro (Arezzo) nel 1511 da Novello Sfaldelli e Gentile de’ Carlucci.

Rimasto orfano di entrambi i genitori, a seguito di un’epidemia di peste, si guadagnò da vivere per sé e la sorella lavorando nei campi.

A 21 anni chiese e ottenne di entrare tra i cappuccini, che in quegli anni muovevano i primi passi, dopo l’approvazione alla loro forma vitae avuta da Clemente VII nel 1528.

Sante fu accolto da fra Ludovico da Capranica a Montecasale intorno al 1532.

Compiuto l’anno di noviziato nel convento di Santa Croce di Narni, nel 1534 emise la sua professione come fratello laico prendendo il nome di fra Raniero da Borgo San Sepolcro.

Dotato di molte virtù umane e religiose viveva di orazioni incessanti, praticando penitenze, discipline, digiuni e veglie notturne.

Svolse negli anni diversi servizi fraterni: a lungo fu questuante e portinaio.

Per le sue capacità di falegname e muratore e la sua regolare osservanza, nonostante fosse un uomo semplice e illetterato, venne eletto diverse volte superiore.

Fu guardiano alla Romita di Terni, Narni, Norcia, Portaria, fra la soddisfazione di tutti.

Partecipò, inoltre, alla costruzione di vari conventi della neonata Provincia di S. Francesco.

Perciò lo troviamo continuamente in viaggio: Montefalco, Spoleto, Gubbio, Todi, Montone, Montecasale, Perugia, Amelia, Bevagna, Portaria.

Ma i suoi spostamenti erano dovuti anche alle continue richieste di notabili, reggenti di città, dignitari ecclesiastici, che lo volevano come consigliere spirituale e taumaturgo.

Ebbe infatti il dono di singolari carismi, dello spirito di profezia, della grazia delle guarigioni, e delle visioni.

Nei processi canonici degli anni 1628-1629 sono raccolti i racconti di tanti suoi miracoli operati per lo più verso persone inferme, poveri, bambini.

Dopo il Crocifisso e il Tabernacolo, davanti al quale passava ore intere in adorazione, la sua pietas aveva per oggetto la Madre di Dio.

Animava continuamente tutti, grandi e piccoli, poveri e ricchi, a onorare sempre la Madonna Santissima, soprattutto con la recita del Santo Rosario.

Devotissimo di Gesù Bambino ebbe la grazia di riceverlo molte volte dalle mani della Vergine Maria e poterlo stringere fra le braccia, come si vede nella sua iconografia.

Era tale il suo impeto d’amore, semplicità e purezza d’animo, che lui stesso confessava di sentirsi continuamente in Cielo fra i cori degli angeli.

Il cronista dell’Ordine Mattia Bellintani da Salò riconobbe in lui alcune particolarità dei “folli in Cristo” di tradizione bizantina.

Fra Raniero trascorse l’ultimo decennio di vita tra Gubbio e Todi, e quivi morì, santamente come aveva vissuto, il 25 agosto 1589.

Poco dopo la sua morte si iniziò a tributargli culto pubblico e venerarlo come “beato”.

Nel 1625 a seguito della pubblicazione delle nuove norme di papa Urbano VIII, che vietavano il culto pubblico dei servi di Dio, prima che ne fossero riconosciuti degni dalla competente autorità ecclesiastica, si dovette iniziare l’iter canonico per la beatificazione.

Furono subito istituiti a Todi il processo ordinario, nel 1628, e quello apostolico, nel 1629.

Ma la pratica si arenò per l’insorgere di vari ostacoli, compreso lo smarrimento nel 1645 degli atti dei processi.

Ripresa una prima volta nel 1733, essa nuovamente si arrestò.

Fu nuovamente ripresa nel 1853, dopo il ritrovamento del processo apostolico sulle virtù, la cui validità fu riconosciuta nel 1858.

Nel 1919 i resti mortali di fra Raniero furono trasportati dalla chiesa del convento di S. Maria, soppresso nel 1860, a quella della nuova residenza conventuale del Sacro Cuore.

Nel 1995 si tentò la riapertura della causa di beatificazione, ma senza successo.

Il 27 maggio 2018 i resti mortali del venerabile Raniero da Borgo San Sepolcro, conservati nella chiesa del Sacro Cuore di Todi, a seguito della chiusura del convento, sono stati traslati nella chiesa conventuale di S. Severino di Spello.